Cyber-ortopedia. I pezzi di ricambio: le protesi.

Cyber-ortopedia. I pezzi di ricambio: le protesi.

La protesi è un dispositivo artificiale che viene usato per sostituire parti anatomiche del corpo umano con l’intento di supplirne la funzione.

In ortopedia sono numerosi i casi in cui la funzione di un osso o di un segmento scheletrico non può essere ripristinata curando la patologia originaria. In questi casi l’uso delle protesi permette di ovviare al problema: la parte anatomica interessata viene letteralmente sostituita con dispositivi artificiali.

Le protesi possono essere interne o esterne.

Esempi di protesi bioelettriche di mano. Grazie a dei sensori applicati all'avambraccio la mano artificiale risponde agli impulsi provenienti dal cervello.
Esempi di protesi bioelettriche di mano. Grazie a dei sensori applicati all’avambraccio la mano artificiale risponde agli impulsi provenienti dal cervello.

Le protesi interne sono quelle applicate all’interno dell’organismo mediante un intervento chirurgico. Le protesi esterne, o protesi ortopediche, sono mezzi artificiali, a volte molto sofisticati ed evoluti, che sostituiscono nella morfologia e, in misura variabile, nella funzione un arto mancante o una parte di esso.

In questo articolo voglio parlarvi delle protesi interne, e in particolare delle protesi articolari, concepite e utilizzate per ripristinare la funzione principale delle articolazioni, ovvero il movimento.

Le articolazioni del corpo umano sono le parti anatomiche del sistema muscoloscheletrico specializzate nel tradurre la forza muscolare in movimento. Esse sono continuamente oggetto di studio. La ricerca biomeccanica ci ha dimostrato quanto siano complesse e variabili.

In un’articolazione abbiamo una delle espressioni più eccezionali di come l’evoluzione abbia trasformato la biologia in meccanica e le abbia fuse in un tutt’uno.

Una delle proprietà più interessanti di un’articolazione è la capacità di produrre movimento grazie alle sue superfici di scorrimento il cui attrito è sorprendentemente basso. Ciò è reso possibile grazie alla funzione della cartilagine, il tessuto che riveste le superfici ossee articolari.

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La cartilagine, grazie alle sue proprietà meccaniche, fa sì che il movimento di un’articolazione si sviluppi con un attrito molto vicino allo zero. Questo ci permette di camminare, e in generale, di muoverci con un dispendio energetico bassissimo.

È grazie alle proprietà della cartilagine che un atleta può correre la maratona senza che le sue ginocchia vadano in fiamme!

Purtroppo la cartilagine, in certe condizioni o per determinate patologie, può perdere le sue caratteristiche e mettere a repentaglio il funzionamento di tutta l’articolazione. Quando questo succede si parla di ‘artrosi’.

Molti sono i fattori che possono provocare un danno cartilagineo: traumi, malattie reumatiche, infezioni etc. In alcuni casi non si riconosce una causa ben definita, in questi casi si parla di artrosi primitiva, che è in assoluto la condizione più frequente.

knee-painL’artrosi si manifesta in genere con il sintomo dolore ad intensità variabile, a cui si può associare in vario modo il gonfiore, il rossore e il calore della zona interessata e la limitazione del movimento articolare. Le manifestazioni cliniche possono avere un andamento altalenante, ma nel tempo in genere crescente. Nei casi più avanzati si può arrivare alla perdita di funzione, cioè all’impossibilità di usare in maniera efficiente l’articolazione interessata. Se ad essere coinvolto è il ginocchio o l’anca, per esempio, questo può voler dire non riuscire a camminare senza dolore.

In questi casi ci può essere la necessità di impiantare una protesi.

In ortopedia le protesi interne più conosciute sono le protesi di ginocchio e di anca. Oggi sono ampiamente usate anche le protesi di spalla, meno frequentemente quelle di caviglia e gomito; poco adoperate quelle delle piccole articolazioni della mano e del piede.

Le protesi sono state un enorme successo della medicina del XX secolo, ma anche un po’ il suo fallimento. Se da un lato, infatti, esse consentono quasi miracolosamente di ripristinare una funzione (nel campo ortopedico la funzione del movimento), da un altro punto di vista sanciscono l’impotenza della medicina di curare la malattia che ha causato il danno.

È comunque innegabile che le protesi abbiano rappresentato un grosso passo avanti nella chirurgia ortopedica ed è un settore in continua evoluzione che si avvale delle costanti innovazioni nel campo della chirurgia, della medicina, della biomeccanica, dell’ingegneria, della metallurgia, dell’elettronica.

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Gli interventi di artroprotesi di anca e ginocchio sono interventi con una percentuale elevatissima di successi, con notevole soddisfazione da parte del paziente (e del chirurgo). Per avere un’idea di cosa vuol dire, basti pensare che quando vengono introdotte nuove protesi le case costruttrici si preoccupano di fornire casistiche molto ampie, con centinaia o migliaia di casi, per farsi accreditare nei confronti dei prodotti già esistenti.

Radiografia del bacino di un paziente portatori di protesi di anca sinistra
Radiografia del bacino di un paziente portatore di protesi di anca sinistra

Il paziente che soffre per un’artrosi avanzata di anca o di ginocchio può fare esperienza di un enorme beneficio dopo interventi di questo tipo e adeguata riabilitazione, riportando un notevole miglioramento della propria qualità di vita.

Se da un lato l’entusiasmo è giustificato, è bene però precisare che una protesi non è un ginocchio ‘nuovo’, o un anca ‘nuova’, come si sente dire, talvolta anche dai medici stessi. Le articolazioni non ringiovaniscono con una protesi, semplicemente vengono sostituite da questi sistemi artificiali che, purtroppo, non sono eterni.

Il successo di un impianto di protesi può ingannare: alcuni pazienti sentono di poter riprendere alcune attività abbandonate da tempo a causa dell’artrosi, perfino lo sport. Sebbene questo non sia del tutto vietato, specialmente per i più giovani, il paziente portatore di protesi dovrebbe sapere che più è intensa l’attività fisica meno lunga sarà la durata della sua protesi e più alto sarà il rischio di una ‘riprotesizzazione’ con il rischio di risultati meno soddisfacenti. Nel caso di traumi, poi, la presenza di una protesi potrebbe complicare notevolmente il quadro.

Per tale motivo il paziente portatore di protesi dovrebbe cercare di ‘aver cura’ della propria protesi, e non esagerare con le richieste funzionali.

Una protesi d’anca ha la durata media di 15-20 anni, quella di ginocchio è di 10-15 anni, praticamente questo vuol dire che:

  • sarebbe bene sottoporsi a un intervento di protesi solo nel caso in cui tutti i possibili trattamenti alternativi non abbiano dato un risultato soddisfacente,
  • sarebbe bene evitare, quando la situazione clinica lo permette, di sottoporsi a un intervento di protesi ‘da giovani’; non è possibile indicare un’età precisa, essa dipende da molti fattori e andrebbe discussa con lo specialista di riferimento; nella maggior parte dei casi si cerca evitare l’intervento prima 60-65 anni, ovviamente con le dovute eccezioni.

È bene precisare ancora una volta che queste non sono regole ferree; la decisione all’intervento dipende da molti fattori e andrebbe discussa con il proprio ortopedico di fiducia.

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