I difetti cartilaginei, una partita ancora aperta.

I difetti cartilaginei, una partita ancora aperta.

La cartilagine articolare è il tessuto bianco e liscio che ricopre le estremità delle ossa che formano l’articolazione. Una cartilagine sana fa sì che le nostre articolazioni possano muoversi con facilità. Essa permette alle ossa di scivolare reciprocamente con un attrito estremamente basso.

La cartilagine articolare può essere danneggiata da un trauma o dalla normale usura. Poiché la cartilagine non guarisce facilmente da sola, in campo ortopedico sono state messe a punto diverse tecniche chirurgiche per stimolare la crescita di nuova cartilagine. Ripristinare la cartilagine articolare danneggiata può alleviare il dolore e migliorare il funzionamento dell’articolazione. Soprattutto, essa può ritardare o prevenire l’insorgenza dell’artrosi.

Le tecniche chirurgiche che mirano alla riparazione della cartilagine danneggiata sono tutt’ora in evoluzione. La ricerca in merito è apertissima e avvincente. Si auspica che che con il progredire delle conoscenze sulla cartilagine e sulla sua risposta riparativa, si riesca a migliorare ulteriormente queste tecniche per ripristinare la funzione di una articolazione danneggiata.

Il danno cartilagineo

La principale componente della superficie di un’articolazione è un tessuto speciale che si chiama cartilagine ialina. Quando essa è danneggiata la superficie dell’articolazione non è più liscia come prima. Una superficie dura e rugosa rende più difficile il movimento reciproco delle ossa di un’articolazione e causa dolore. La cartilagine danneggiata inoltre porta a una serie di modifiche dell’anatomia dell’articolazione che prendono complessivamente il nome di artrosi.

L’obbiettivo delle procedure di rigenerazione cartilaginea è quello di stimolare la crescita di nuova cartilagine ialina e prevenire (o ritardare) l’insorgenza dell’artrosi.

In molti casi i pazienti che hanno avuto un danno articolare, come lesioni ai menischi o ai legamenti, hanno anche lesioni alla cartilagine. Questi problemi possono essere difficili da diagnosticare, perché la cartilagine ialina non è visibile alle normali radiografie. Talvolta anche la risonanza magnetica può nascondere o sottostimare i problemi relativi alla cartilagine. In ogni caso, se ci sono lesioni cartilaginee concomitanti ad altri problemi articolari (come lesioni dei menischi o dei legamenti), nella maggior parte dei casi è possibile affrontarli durante lo stesso intervento chirurgico.

Quali pazienti?

I soggetti a cui viene consigliata questo tipo di chirurgia sono generalmente giovani adulti (solitamente dalla seconda alla quinta decade di vita) che presentano una singola lesione. I pazienti in età più avanzata, o quelli con molte lesioni nella stessa articolazione, hanno meno probabilità di ottenere un buon risultato.

Il ginocchio è l’articolazione che più comunemente viene sottoposta a questo tipo di chirurgia. Anche la caviglia e la spalla possono essere trattate allo stesso modo. Recentemente alcune di queste tecniche sono state messe a punto anche per l’articolazione dell’anca, sebbene l’indicazione sia molto meno frequente.

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Esempio di difetto cartilagineo riparabile chirurgicamente

Tecniche chirurgiche

La maggior parte delle tecniche di rigenerazione cartilaginea sono delle tecniche artroscopiche. Durante l’artroscopia, il chirurgo esegue due o tre piccole incisioni e si avvale dell’uso una telecamera a fibre ottiche chiamata artroscopio.

Alcune procedure richiedono un accesso più esteso, di solito questo accade quando la lesione da curare è di dimensioni cospicue.

Spesso, durante la procedura, è necessario intervenire anche sui menischi o sui legamenti.

In generale, i tempi di recupero dopo una procedura eseguita in artroscopia sono molto inferiori che per una procedura eseguita con tecniche tradizionali. Il tipo di chirurgia richiesta dipende però dal tipo di difetto cartilagineo e va ritagliata su misura del singolo caso.

Le procedure più comuni di rigenerazione cartilaginea sono:

  • Microfratture
  • Perforazioni
  • Condroabrasione
  • Impianto di condrociti autologhi
  • Trapianto osteocondrale autologo
  • Trapianto osteocondrale da cadavere
  • Tecniche ibride con sostituti sintetici

Microfratture

Lo scopo delle microfratture è di stimolare la crescita di nuova cartilagine articolare grazie alla creazione di una sorgente locale di cellule pluripotenti provenienti dal midollo osseo e dal sangue del paziente stesso. Uno strumento appuntito (chiamato uncino) viene usato per creare dei forellini nella zona in cui la cartilagine è danneggiata. I forellini cioè vengono praticati nell’osso sottostante la cartilagine danneggiata (detto ‘osso subcondrale’). Questo gesto crea i presupposti per la risposta riparativa. Grazie a questi forellini il difetto cartilagineo può essere raggiunto da sangue e cellule midollari pluripotenti che possono formare nuova cartilagine.

Si tratta di una tecnica artroscopica. I migliori candidati a questo tipo di chirurgia sono soggetti giovani con una singola lesione cartilaginea e un buon tessuto osseo subcondrale.

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Sequenza schematica illustrante la tecnica delle microfratture

Perforazioni

Come le microfratture, le perforazioni stimolano la produzione di nuova cartilagine. Numerosi fori vengono praticati attraverso l’area di difetto cartilagineo (nell’osso subcondrale) con un perforatore chirurgico o un filo metallico. L’osso subcondrale viene perforato per suscitare una risposta riparativa.

Come le microfratture, è una tecnica che può essere condotta in artroscopia. È meno precisa delle microfratture e il calore prodotto dagli strumenti può ostacolare una adeguata risposta riparativa.

Una variante di questa tecnica, preferita da alcuni chirurghi, prende il nome di nano-fratture. La differenza rispetto alle perforazioni tradizionali consiste nella ridottissima dimensione del diametro delle perforazioni, reso possibile dall’evoluzione tecnica degli strumenti utilizzati.

Condroabrasione

Per condroabrasione si intende una tecnica che si avvale di frese ad alta velocità usate per rimuovere la cartilagine danneggiata e raggiungere l’osso subcondrale.

Anch’essa è una tecnica che può essere eseguita artroscopicamente.

Trapianto di condrociti autologhi

Il trapianto di condrociti autologhi è una tecnica in due tempi, che prevede la coltivazione di nuove cellule cartilaginee e il loro impianto nella zona danneggiata.

La prima parte della procedura prevede la raccolta di tessuto cartilagineo sano da una zona in cui l’osso corrispondente non riceve normalmente il carico. Questo passaggio viene solitamente condotto in artroscopia. Il tessuto prelevato contenente cellule di cartilagine sana, o condrociti, viene inviato in laboratorio e i condrociti vengono coltivati e fatti aumentare di numero per un periodo di 3-5 settimane.

Quindi viene eseguito un intervento ‘a cielo aperto’ (non artroscopico) per impiantare le nuove cellule così cresciute. Il difetto cartilagineo viene preparato, una membrana di periostio (il tessuto che normalmente riveste l’osso non articolare) viene posizionata su questa area, suturata e sigillata con colla di fibrina. Le nuove cellule vengono quindi iniettate nel difetto sotto la copertura periostiale. In molti centri si è introdotto l’uso di supporti sintetici al posto del tessuto periostiale (vedi più avanti).

Questa tecnica è indicata nei pazienti giovani con un difetto più ampio di 2 cm di diametro. Ha lo svantaggio di essere una procedura in due passaggi che richiede una incisione vera e proria. Inoltre sono neccesarie diverse settimane per portarla a termine.

Trapianto osteocondrale autologo

Il trapianto osteocondrale autologo (tecnica nota anche come ‘mosaicoplastica’), consiste nel trasferimento di cartilagine da una parte all’altra dell’articolazione. Tessuto cartilagineo sano viene prelevato da una zona dell’articolazione che non riceve normalmente il carico. Il prelievo comprende un cilindretto di osso sottostante (osso subcondrale). Esso quindi viene applicato e impattato nell’area di difetto cartilagieno. Questo crea una superficie cartilaginea liscia.

Il prelievo può consistere di uno o più cilindretti, che vengono messi insieme componendo una sorta di mosaico. Motivo per cui la tecnica è nota anche come ‘mosaicoplastica’.

Questa tecnica può essere usata per difetti cartilaginei piccoli, in quanto il tessuto sano può essere prelevato solo da una zona di dimensioni limitate della stessa articolazione.

Questa è una tecnica che può essere condotta per via artroscopica.

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Mosaicoplastica del condilo femorale mediale del ginocchio con prelievi effettuati dalla troclea

Trapianto osteocondrale da donatore (allograft)

Se il difetto cartilagineo è troppo ampio per essere colmato da tessuto proveniente dalla stessa articolazione, si può prendere in considerazione l’allograft. Un allograft è un trapianto da cadavere donatore. Come il trapianto autologo, è costituito da un blocco di cartilagine e osso subcondrale. Esso viene sterilizzato e preparato in laboratorio e testato per evitare ogni possibile trasmissione di malattie contagiose.

Un allograft è tipicamente più grande di un trapianto autologo. Può essere ritagliato su misura per colmare perfettamente il difetto cartilagineo e incastrato a pressione.

È una tecnica che viene condotta solitamente con un’incisione chirurgica vera e propria, e non artroscopicamente.

Cellule staminali e ingegneria tissutale

Uno dei filoni di ricerca attuali in questo settore si concentra sulle nuove strategie per far crescere tessuto cartilagineo sano. Si parla di ingegneria tissutale. I fattori di crescita che stimolano la crescita di nuovo tessuto possono essere isolati e usati per indurre la formazione di nuova cartilagine.

È stato investigato anche l’uso di cellule staminali mesenchimali, che sono cellule umane ‘base’ ottenute da un tessuto umano vivente come il midollo osseo. Quando queste cellule sono collocate in un ambiente specifico, possono crescere e differenziarsi in cellule simili a quelle del tessuto ospite.

La speranza è che le cellule staminali posizionate sulla superficie di un’articolazione danneggiata possano stimolare la crescita di cartilagine ialina.

Le procedure di ingegneria tissutale sono ancora a una fase sperimentale. La maggior parte di queste procedura sono condotte in centri di ricerca come parte di studi clinici.

Tecniche ibride con supporti sintetici

Recentemente in questo settore della chirurgia ortopedica è stato introdotto l’uso di prodotti sintetici che fungono da supporto per quelle cellule che devono riparare la lesione. Questi supporti vengono utilizzati come riempitivi temporanei del difetto e come trama di supporto per le cellule pluripotenti che dovranno formare la cartilagine vera e propria e lentamente sostituire il supporto utilizzato.

Questi supporti possono essere delle membrane formate da collagene e idrossiapatite, oppure sostanze collose formate prevalentemente da collagene.

Vengono talvolta utilizzati in combinazione con altre tecniche come le microfratture o le perforazioni, oppure in associazione con l’autotrapianto di cellule cartilaginee o con le cellule staminali.

Sono tecniche che possono essere condotte a cielo aperto o artroscopicamente a seconda dei casi.

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Supporto in idrossiapatite e collagene per il trattamento di difetti cartilaginei

Riabilitazione

Dopo tecniche chirurgiche di rigenerazione cartilaginea, la superficie articolare deve essere protetta fintanto che la cartilagine guarisce. Se la procedura è stata condotta al ginocchio o alla caviglia, in genere viene proibito il carico sull’arto operato e viene consigliato l’uso di stampelle per alcune settimane dopo l’intervento.

Spesso viene consigliata la fisioterapia per ripristinare la mobilità articolare. Ci si può avvalere dell’uso di alcuni macchinari per la mobilizzazione passiva continua.

Man mano che il processo di guarigione va avanti si possono introdurre gli esercizi di rinforzo muscolare. Il ritorno al carico completo si può raggiungere nell’arco di un paio di mesi, mentre per l’attività sportiva possono essere necessari 4-6 mesi.

Quale tecnica?

La ricerca su questo argomento è ancora molto aperta, e non è stata ancora dimostrata la superiorità di una tecnica rispetto alle altre.

La scelta può dipendere da vari fattori, tra cui: tipo e dimensione della lesione, posizione anatomica, richieste funzionali, età, tempi di recupero, esperienza del chirurgo e del centro di riferimento nelle singole tecniche.

Le realistiche probabilità di successo di questo tipo di chirurgia andrebbero accuratamente discusse con il proprio ortopedico di fiducia, che sulla scorta di tutte le informazioni cliniche può indirizzare il paziente nella maniera più appropriata.

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